Il Tallero di Maria Teresa e il riconio italiano
Maria Teresa d’Absburgo nacque a Vienna il 13 maggio 1717, secondogenita dell’Imperatore Carlo VI e di Elisabetta di Brunswick-Wolfenbüttel. Diverrà Maria Teresa imperatrice dei Romani, regina apostolica d’Ungheria e Boemia, imperatrice d’Austria, granduchessa di Toscana, signora del Milanese e del Mantovano.
La sua riforma monetaria prevedeva il Tallero d’argento come moneta principale suddivisa in sei parti da 20 kreuzer, sempre d’argento, i quali erano le monete più diffuse. I primi talleri con la sua effige uscirono già nel 1741 dalle zecche di Vienna e Kremnitz, misuravano 42,5 mm di diametro e pesavano 28,22 grammi al titolo di 875 fuso con del rame.
In pratica la moneta continuò a essere coniata sino al 1780, l’anno della morte di Maria Teresa, ma l’ultima versione di Gunzburg, con ritratto velato e lo stemma sul corpo dell’aquila, divenne il prototipo del tallero destinato ad invadere il mondo orientale.
Maria Teresa fu assai preveggente nel capire l’utilità economica che poteva portare Trieste, città dove peraltro non mise mai piede, per il suo Impero, con la costruzione di un porto di grandi dimensioni, che avrebbe aperto importanti commerci in tutto l’Oriente. E difatti Trieste fu il punto di partenza dei Talleri verso l’Oriente, dove ottennero da subito un enorme successo ed erano sempre più richiesti col passare degli anni.
La versione battuta a Gunzburg e soprannominato in Africa “il Tallero della grassa Signora” per le forme prosperose dell’imperatrice, può vantare due record: quello di moneta più contromarcata al mondo (oltre 30 contromarche) e di moneta più popolare con i suoi quasi 400 milioni di pezzi battuti, pari a oltre 9000 tonnellate d’argento, e spesi come moneta locale in un terzo del nostro pianeta.
Nel 1811, con contromarche, si resero validi i Talleri nelle isole Azzorre e a Sao Tomè e Principe, nel golfo di Guinea; nel 1854 a Madera, nel 1888 a Macao e in Mozambico, nel 1889 in alcuni Emirati del Protettorato inglese di Aden; nel 1895 a Lourenco Marques (Mozambico).
Nel XIX secolo la parola PEMBA con una scimitarra contrassegnò i Talleri per Zanzibar e la parola JAVA per quelli delle Indie Olandesi. Altre contromarche del XX secolo riguardano il Neged (1906), l’Hegiaz (1916) e lo Yemen (1946).”

L’Italia ha provato più volte a sostituire Maria Teresa nelle colonie sul Corno d’Africa, dove il Tallero circolava assieme alla valuta locale. Primo esperimento nel 1891, quando Umberto I coniò le monete per l’Eritrea nelle versioni da 50 centesimi, 1 Lira, 2 Lire e le 5 Lire denominate Tallero; la moneta ebbe scarso successo e ne furono coniati solo 196mila pezzi con data 1891 e 200mila con data 1896. Ora è considerata una R2, vale in BB oltre 400 euro sino ad arrivare a migliaia per le conservazioni ottime.
Nel 1918 fu la volta del Tallero per l’Eritrea, moneta con un bellissimo ritratto femminile e la dicitura REGNUM ITALICUM ma nemmeno questa incontrò tra gli indigeni la preferenza accordata agli originali.
Nel luglio 1935 il Governo italiano comprò dalla Zecca di Vienna i conii originali del Tallero, per un diritto di uso di 25 anni, e ne riprese la coniazione. Quasi 20 milioni di pezzi coniati che servirono al Duce per pagare le spese per l’invasione dell’Etiopia.
Stavolta niente tentativi di soppiantarlo, niente copie ma un vero ritorno all’originale, situazione accaduta raramente nella storia.
Le differenze tra i Talleri coniati a Roma e quelli coniati a Vienna sono leggerissime: titolo inferiore di 002‰, diametro 40 mm invece di misure da 40,80 a 42,50 e la leggenda sul contorno maggiormente corposa ed in rilievo; inoltre molti Talleri italiani presentano un bordo sfuggente senza orlo.
Questa può essere una delusione per un collezionista chi ne trova una e crede di avere una bella moneta imperiale del Settecento e si ritrova invece con una moneta moderna e “de Roma”.
Approfondimento: La storia del Tallero di Maria Teresa d’Asburgo
Il Tallero di Maria Teresa e il riconio italiano