La città di Latisana, già florido scalo fluviale dei Patriarchi di Aquileia e dal 1180 di Grado, era infeudata ai Conti di Gorizia, i quali possedevano anche la città di Lienz, di cui si conoscono denari coevi con la dicitura DELI VNZE e LIVNZALIS.

Si ipotizza che i denari di Latisana e Lienz siano stati emessi per imitare i denari aquileiensi e triestini, al fine di trarre vantaggio dalla loro ampia circolazione.

Latisana nella cartografia medioevale è denominata anche Tisana o semplicemente Porto, in quanto ubicata al centro di una zona ricca di canali navigabili su cui gravitava anche Portus Naonis (Pordenone).

L’epoca della coniazione in ambo le zecche dovrebbe cadere nel tempo immediatamente successivo al 1195, in cui il corrispondente tipo Aquileiese fu creato affrancando la monetazione del Patriarcato dall’imitazione dei denari frisancensi.
L’appartenenza di Latisana ai conti di Gorizia in tale epoca non è però ancora del tutto pacifica e proprio il parallelismo tra la moneta di Latisana e quella di Lienz costituisce un argomento importante per dissipare i dubbi. Ancora pochi anni prima Latisana appariva infatti appartenere al patriarca di Grado, sotto la cui giurisdizione la pieve della Tisana con le cappelle e i quartesi inerenti cadeva nell’accordo che per opera di papa Alessandro III il 24 luglio 1180 pose fine alle vertenze tra i prelati di Aquileia e di Grado (Kandler, codice diplomatico istriano, da Cappelletti, Chiese italiche).
Tale appartenenza a Grado però riguarda la sfera spirituale ed il clero perché sappiamo che nn dal 3 ottobre 1102 i Conti di Gorizia avevano acquistato dai coniugi longobardi Egino ed Ilmingarda i loro beni in Friuli, tra cui case, corti, vigne, campi, prati, pascoli, selve, colline, piantagioni, ruscelli, rupi, mulini, peschiere, riserve di caccia con tutti i diritti ed usufrutti connessi, a Latisana e Castions (Codice diplomatico istriano, da archivio domestico dei Conti Portis, carte Guerra). Non risulta che il porto di Latisana fosse, durante il XII secolo, oggetto di controversia territoriale, però Latisana viene espressamente nominata tra le proprietà del conte di Gorizia in un documento del 1226.

Prima del denaro di Latisana sembra che ci sia già stata attività monetaria da parte dei conti di Gorizia. Per Lienz esiste infatti un’altra moneta, della quale non conosco altri esemplari che quello descritto da Luschin, che lo possedeva (1). La sua iscrizione è DELI VNZE (ng. 14) e, per lo stile, appare essere un tipo di passaggio tra un’imitazione dei denari di Gotifredo del 1194 (ng. 15) e le monete LIVNZ ALIS sopra considerate. L’epoca dell’inizio delle monete dei goriziani non si dovrebbe comunque far risalire molto addietro perché nel 1202, stabilendo quali diritti i conti di Gorizia Mainardo e Engelberto avessero ereditato dal Padre Engelberto, si testimoniava che, alla morte del patriarca Ulrich von Treffen (1182) il conte di Gorizia « monetam non habebat ».

Dall’esame dettagliato dei pochi esemplari che sono giunti a noi, la preziosa moneta di Latisana esce serbando intatto il suo fascino e il suo mistero che forse, in futuro, fortunati ritrovamenti di documenti sugli inizi della monetazione friulana potranno contribuire a diradare.
Una conclusione si può però sin d’ora trarre, ed è di somma importanza: l’esistenza di numerose varianti permette di credere che l’emissione delle monete di Latisana non fosse un fatto sporadico, clandestino o di esperimento. Al contrario si può affermare che vennero coniate molte monete, per alimentare fiorenti commerci.

Bibliografia: Giulio Bernardi – “Il denaro di Latisana” in Rivista Italiana di Numismatica, 1977

GIULIO BERNARDI – IL DENARO DI LATISANA


Nelle carte medievali Tisana o Latisana è spesso nominata, a volte con l’appellativo di Porto. Certamente un porto era, in una regione dove i canali navigabili erano più numerosi ed agevoli delle strade. Porto è chiamata anche sulle sue monete che, coniate attorno all’anno 1200 sono la testimonianza di una fervida attività commerciale.

Nel dare, per primo, pubblica notizia della sua esistenza (1), Puschi dice di conoscere tre esemplari del denaro di Latisana: uno nella collezione Fontana, da lui illustrato con un disegno non propriamente preciso, che è riprodotto anche nel Corpus Nummorum Italicorum, vol. VI. La collezione Fontana fu donata dagli eredi al museo civico di storia ed arte di Trieste, ove si trova oggi (fig. 6). Un altro esemplare era ed è nel museo di Budapest (fig. 4) e il terzo nella collezione Luschin, quest’ultimo con scritta «alquanto mancante» nel finale, che comincia con PORTO invece che PORTV. Luschin (2) a sua volta pubblicò il disegno del suo esemplare (fig. 9), completando però la leggenda nella parte finale e rendendo con ciò la riproduzione imprecisa e di conseguenza inutilizzabile. L’unico esemplare a me noto con la scritta PORTOTE SANA è oggi nel museo di Budapest ed è incompleto nella seconda parte dell’iscrizione (fig. 3), potrebbe dunque essere l’esemplare già appartenuto a Luschin.

In tutto ho potuto rintracciare sette esemplari, forse otto, della preziosa moneta friulana, che presentano cinque varianti di conio del dritto e quattro del rovescio, variamente accoppiate. Le varianti del rovescio sono però forse anch’esse cinque: una risulterebbe da un impreciso disegno nel catalogo della collezione Windischgratz (3) (fig. 8).
Nell’esame dei diversi esemplari, chiamo dritto la parte concava della moneta, rovescio la parte convessa, con la scritta, per la buona ragione che la moneta veniva coniata con la parte concava rivolta verso l’alto (4).

I sette esemplari censiti sono:
fig. 1) Collezione privata 1., da coni A/a pesa g. 1,05
fig. 2) Collezione privata 2., da coni A/a pesa g. 1,09
fig. 3) Museo Budapest 1. da coni B/b è forse l’esemplare già appartenuto a Luschin
fig. 4) Museo Budapest 2. da coni C/c descritto da Puschi, proviene dal ripostiglio di Detta
fig. 5) Col1.ne Papadopoli da coni C/a pesa g. 1,04
fig. 6) Museo Trieste da coni D/c ex colI. Fontana
fig. 7) Asta Ratto 1960 n. 248, daconiE/d

L’ottavo esemplare, quello della collezione Windischgratz (5) (fig. 8) corrisponde, sia per le decentrature che per i contorni, all’esemplare dell’asta Ratto (fig. 7), da cui differisce però per la lettera N a rovescio. Mi pare probabile che ci sia stato un errore da parte del disegnatore e che la moneta sia sempre la medesima, per l’impressionante coincidenza di ogni altro dettaglio.

I tipi del dritto si distinguono così:
Tipo A. Tempio completo sostenuto da 5 colonne e da 4 archi, con frontone triangolare sormontato da globetto e croce, fra due torri terminanti in cupolette simili a mazzi di 5 foglie, con globetto sopra. Le torri sono accostate da due ornamenti ad arco, ottenuti nel conio usando lo stesso punzone degli archetti. Lungo l’architrave, sopra gli archi, fine tratteggio con 25 trattini. Nel frontone, timpano ornato di cerchietto sostenuto a sinistra da un breve segmento, tra due coppie di segmenti quasi verticali. Stile fine (figg. 1 e 2).
Tipo B. Si distingue dal precedente per i segmentini sul timpano, che sono obliqui invece che quasi verticali (fig. 3).
Tipo C. È privo di tratteggio lungo l’architrave (figg. 4 e 5).
Tipo D. Il cerchio perlinato interno ha perlinatura più fitta (30% di perline in più) nel quarto di cerchio sinistro e anche nel quarto di cerchio superiore (fig. 7).


I tipi del rovescio, li ho distinti come segue:
Tipo a. Prelato seduto di fronte con mitria chiusa e pianeta ornata di tre globetti disposti a triangolo su ciascun lato. Tiene nella destra un pastorale inclinato e nella sinistra un libro aperto. Ai lati della testa tre globetti disposti a triangolo. Contorno lineare interrotto dai ginocchi della figura. La mitria ha un corno a sinistra. Il prelato è seduto su faldistorio ornato di leoni, rappresentati a destra e a sinistra da un abbozzo di testa e di zampa. Iscriz.: PORTVMTE SANA (figg. 1,2,5).
Tipo b. Differente forma dei ginocchi, libro chiuso, faldistorio ornato da segni fortemente stilizzati. L’iscrizione è PORTOTE SANA (fig. 3).
Tipo c. Ginocchi, libro e faldistorio come il tipo b. L’iscrizione è però PORTVTE SANA (figg. 4 e 6).
Tipo d. In tutto simile al tipo a., ma la pianeta è più corta, terminando fra i ginocchi della hgura, invece che tra le caviglie; il faldistorio sembra ornato da aquile piuttosto che da leoni (fig. 7).
Aggiungo, con tutte le riserve, il « tipo e », che sarebbe in tutto simile al « tipo d. » ma con N rovesciata (fig. 8).

Il peso, che già Puschi aveva osservato aggirarsi fra e e 1,06 grammi, è di circa il 10% inferiore a quello medio dei paralleli denari di Aquileia (fig. 12) e di Trieste (fig. 13). Il peso inferiore accredita l’ipotesi che i denari di Latisana altro non fossero che l’imitazione di denari aquileiesi e triestini, per approfittare della favorevole accoglienza a questi riservata. Imitazioni di tal genere sono comuni nel medioevo: ogni moneta di un certo prestigio ha generato nei paesi vicini tutta una fioritura di monete simili, di aspetto quasi identico, ma un po’ calanti nel peso e nel titolo. Così il fiorino d’oro, il grosso tornese, il grosso Matapan, il grosso aquilino e tanti altri. Non furono certamente esenti da imitazioni i denari aquileiesi e triestini e, tra le imitazioni, sono ben note quelle di Lubiana.

Nella stessa condizione appare, per il suo peso scarso, il denaro, esso pure agli aquileiesi e triestini ispirato, con l’iscrizione LIVNZ ALIS, da Luschin attribuito a Lienz, zecca dei conti di Gorizia, contro altre fantasiose ipotesi che volevano collegarlo al fiume Livenza.
È anche questa una moneta molto rara, della quale conosco quattro esemplari: in una collezione privata (fig. 10), nel museo di Budapest (fig. 11), nel museo di Lubiana e nella collezione Windischgratz citata e).
La grande somiglianza del denaro LIVNZ ALIS con quello di Latisana, in concomitanza al peso scarso dispone a considerare con attenzione la tesi esposta da Puschi (I) secondo cui, nell’intento di promuovere il benessere materiale, favorendo il commercio, i conti di Gorizia fecero coniare monete apponendovi in Italia il nome del loro porto di maggior importanza ed al di là delle Alpi quello di Lienz, il luogo più considerevole che avessero nella Pusteria, antica residenza del loro casato.
L’epoca della coniazione in ambo le zecche dovrebbe cadere nel tempo immediatamente successivo al 1195, in cui il corrispondente tipo aquileiese fu creato affrancando la monetazione del Patriarcato dall’imitazione dei denari frisancensi (6).

L’appartenenza di Latisana ai conti di Gorizia in tale epoca non è però ancora del tutto pacifica e proprio il parallelismo tra la moneta di Latisana e quella di Lienz costituisce un argomento importante per dissipare i dubbi. Ancora pochi anni prima Latisana appariva infatti appartenere al patriarca di Grado, sotto la cui giurisdizione la pieve della Tisana con le cappelle e i quartesi inerenti cadeva nell’accordo che per opera di papa Alessandro III il 24 luglio 1180 pose fine alle vertenze tra i prelati di Aquileia e di Grado (Kandler, codice diplomatico istriano, da Cappelletti, Chiese italiche).
Tale appartenenza a Grado però riguarda la sfera spirituale ed il clero perché sappiamo che fin dal 3 ottobre 1102 i Conti di Gorizia avevano acquistato dai coniugi longobardi Egino e Ilmingarda i loro
beni in Friuli, tra cui case, corti, vigne, campi, prati, pascoli, selve, colline, piantagioni, ruscelli, rupi, mulini, peschiere, riserve di caccia con tutti i diritti ed usufrutti connessi, a Latisana e Castions. (Codice diplomatico istriano, da archivio domestico dei Conti Portis, carte Guerra).
Non risulta che il porto di Latisana fosse, durante il XII secolo, oggetto di controversia territoriale, però Latisana viene espressamente nominata tra le proprietà del conte di Gorizia in un documento del 1226.

Prima del denaro di Latisana sembra che ci sia già stata attività monetaria da parte dei conti di Gorizia. Per Lienz esiste infatti un’altra moneta, della quale non conosco altri esemplari che quello descritto da Luschin, che lo possedeva (1). La sua iscrizione è DELI VNZE (fig. 14) e, per lo stile, appare essere un tipo di passaggio tra un’imitazione dei denari di Gotifredo del 1194 (fig. 15) e le monete LIVNZ ALIS sopra considerate. L’epoca dell’inizio delle monete dei goriziani non si dovrebbe comunque far risalire molto addietro perché nel 1202, stabilendo quali diritti i conti di Gorizia Mainardo e Engelberto avessero ereditato dal Padre Engelberto, si testimoniava che, alla morte del patriarca Ulrich von Treffen (1182) il conte di Gorizia « monetam non habebat » (8).


Dall’esame dettagliato dei pochi esemplari che sono giunti a noi, la preziosa moneta di Latisana esce serbando intatto il suo fascino e il suo mistero che forse, in futuro, fortunati ritrovamenti di documenti sugli inizi della monetazione friulana potranno contribuire a diradare.
Una conclusione si può però sin d’ora trarre, ed è di somma importanza: l’esistenza di numerose varianti permette di credere che l’emissione delle monete di Latisana non fosse un fatto sporadico, clandestino o di esperimento. Al contrario si può affermare che vennero coniate molte monete, per alimentare fiorenti commerci.

MarcoLa moneta di Latisana