Con gentile concessione di Adriano Gaspani – Articolo pubblicato sulla rivista Astronomia nel 1995

Quasi tutte le popolazioni del mondo antico tenevano generalmente in grande considerazione l'osservazione del cielo e dei suoi fenomeni.
Ciò è testimoniato dalla grande quantità di reperti archeologici esistenti che sono legati in qualche modo alla attività astronomica delle popolazioni di quei tempi.
Ovviamente la strumentazione con cui le osservazioni venivano eseguite era di tipo estremamente rudimentale e gli oggetti osservati erano principalmente il Sole, la Luna, i pianeti visibili ad occhio nudo e le stelle più luminose.
La strumentazione era per la maggior parte limitata a traguardi e mire costruiti in legno o pietra, talvolta di grandi dimensioni come i vari monumenti megalitici che ci sono pervenuti e tutt'ora esistenti nel Nord Europa testimoniano.

L'uso che normalmente gli antichi facevano delle osservazioni astronomiche era molto vario e dipendeva dalle caratteristiche culturali delle varie civiltà alle quali essi appartenevano.
Ad esempio l'astronomia cinese era tutta improntata sulla meticolosa registrazione di ogni mutamento che si verificasse nel cielo e sul trarre indicazioni e auspici per la vita sulla terra, mentre in linea di massima non era in alcun modo sentita l'esigenza di sviluppare qualche modello cosmogonico finalizzato a descrivere, predire e rendere conto della posizione e del moto dei corpi celesti.
Questo approccio, tipico dei quasi tutte le popolazioni dell'estremo Oriente, era completamente differente dal modo di intendere l'astronomia che era proprio delle culture del mondo occidentale.
E' ben nota a tutti l'attività filosofica e speculativa dei Greci intorno alla descrizione del cosiddetto "Sistema del Mondo" e quanto esse abbiano condizionato il pensiero scientifico e filosofico occidentale nei secoli successivi.
Tale attività tesa a costruire modelli che spiegassero la natura e il moto degli astri non fu mai accompagnata da una altrettanta efficienza nel registrare cronologicamente e descrittivamente gli eventi celesti.
L'astronomia egiziana e soprattutto quella babilonese erano invece meno improntate alla speculazione filosofica, ma maggiormente alla formulazione di modelli atti a predire in qualche misura il succedersi degli eventi celesti.
Di tutte queste civiltà esistono generalmente documenti scritti che testimoniano come l'astronomia venisse praticata, con quali mezzi, quali intenti e quali risultati venissero ottenuti, ma esiste una popolazione o meglio un insieme di popolazioni la cui cultura ha condizionato in maniera estremamente determinante lo sviluppo di tutte le culture europee e le cui capacità astronomiche e matematiche, per altro molto sofisticate, stanno emergendo solamente negli ultimi tempi.

Si tratta delle popolazioni Celtiche, i Galli come venivano usualmente denominati dai Romani, diffuse su tutta l'Europa centro-occidentale e settentrionale, nella Spagna e nell'Italia settentrionale.
I Celti, di cui si può parlare correttamente dal VI secolo avanti Cristo in poi, derivarono da ondate di invasioni di popolazioni Sciitiche dell'Asia Centrale che si fusero con le popolazioni preesistenti in Europa.
Lo studio dei ritrovamenti archeologici mette in evidenza una grande abilita' dei Celti nella lavorazione dei metalli, nell'artigianato e in tutte quelle attività caratteristiche non di una popolazione barbarica (come ci è stato insegnato per secoli, vedendo la storia dal punto di vista della romanità), ma di un popolo molto evoluto, che però non ebbe mai fortuna politica e militare a causa del continuo frazionamento e delle lotte interne tra tribù e tribù per questioni di egemonia sul territorio.
Nonostante ciò i Celti furono sempre un problema grosso per i Romani, anche dopo la Guerra di Gallia durata dal 58 al 51 a.C. e vinta da Giulio Cesare.
I romani li sconfissero militarmente, ma assorbirono da essi una grandissima parte di usi, costumi, tradizioni e bagaglio culturale i quali si ritrovano presenti anche attualmente, circa due millenni dopo, nel nostro modo di vivere di oggi. Infatti è incredibile la quantità di luoghi geografici, sia in Italia che in tutta l'Europa, che portano nomi derivati dalla lingua gallica e lo stesso accade per la denominazione di molti oggetti semplici di uso comune.
E' emblematica la derivazione Celtica di alcuni dialetti lombardi.
Paradossalmente a questa elevata influenza culturale non corrisponde una pari disponibilità di documenti scritti che testimonino l'attività intellettuale di questo popolo, anzi i due rami della lingua celtica, attualmente noti, comprendono un vocabolario noto costituito da poco più di qualche migliaio di parole.
La spiegazione per questa carenza esiste ed è da ricercarsi nel modello culturale celtico che riteneva la natura una cosa viva ed in continua evoluzione, la cultura era tramandata a memoria e lo scrivere significava congelare un concetto impedendone l'evoluzione, quindi i Celti tendenzialmente non scrivevano e se proprio era necessario lo facevano con una certa riluttanza.

Scrive Giulio Cesare riguardo ai Druidi "...Non ritengono lecito scrivere i loro sacri precetti; invece per gli affari, sia pubblici che privati, usano l'alfabeto greco. Mi sembra che due siano le ragioni per cui essi evitano la scrittura: prima di tutto perché non vogliono che le norme che regolano la loro organizzazione siano risapute dal volgo, poi perché i discepoli non le studino con minore diligenza..." (G.Cesare - De Bello Gallico, VI, 14).
Era preferita una rappresentazione del mondo ottenuta secondo un linguaggio grafico, che ancora oggi possiamo ammirare sui reperti archeologici, con lo scopo di fissare l'essenza e il significato profondo delle cose più che rappresentare il loro aspetto esteriore.
Un simile modo di pensare era estremamente adatto ad una attività speculativa di tipo astratto per cui e' facile ritenere che l'Astronomia e la Matematica fossero in qualche modo molto sviluppate tra la classe sacerdotale, e dominante, cioè i Druidi.
Giulio Cesare nel suo "De Bello Gallico" ascrive ai Druidi grande conoscenza del cielo, delle stelle e dei loro moti, della descrizione ed interpretazione dei fenomeni naturali.
Infatti scrive: "...Vengono trattate ed insegnate ai giovani molte questioni sugli astri, sulla grandezza del mondo e della terra, sulla natura, sulla essenza..." (G.Cesare - De Bello Gallico, VI, 14). La stessa cosa viene affermata da Pomponio Mela, Plinio il Vecchio, Pompeo Trogo, Posidonio e da altri storici latini e greci.
E' emblematico il fatto che Giulio Cesare, la cui competenza nelle scienze astronomiche era per quel tempo notevole, incaricò Sosigene di preparare la riforma del calendario romano proprio ai tempi della Guerra di Gallia, cioè dopo il contatto con i Druidi celti.
Il calendario usato correntemente dai romani a quell'epoca era decisamente poco accurato e mal conciliava i moti del Sole e della Luna trovandosi quindi perennemente in ritardo sulle stagioni.
Il Calendario gallico possedeva invece una struttura decisamente più complessa, ma la sua precisione era estremamente più alta.

Esistono documenti, di origine greca, che attestano fitti scambi di idee ed esperienze tra i Pitagorici della scuola siracusana e Druidi celti che venivano a contatto con loro nelle varie colonie greche fiorenti sulla costa meridionale della attuale Francia.
Ovviamente la carenza di documenti scritti rendeva impossibile formulare delle ipotesi, ma da quando, verso la fine del secolo scorso vennero ritrovati i frammenti del Calendario di Coligny, risalente al secondo secolo dopo Cristo e qualche decina di anni fa, quello di Village d'Heria gli studiosi iniziarono a rendersi conto di quanto doveva essere sviluppata la scienza astronomica celtica.
Il Calendario di Coligny è un sofisticatissimo calendario lunisolare basato su cicli di cinque anni di 12 mesi lunari piu' sessanta giorni da intercalare, secondo talune regole, in modo da accordare tra loro i moti apparenti del Sole e della Luna.
Il ciclo di cinque anni faceva parte di un ciclo lungo trenta anni, detto "Saeculum" dagli storici latini. Il reale meccanismo con cui tale calendario fu sviluppato e come venisse utilizzato e' ancora in parte coperto da mistero, nonostante gli importanti lavori di A. M. Duval, G. Pinault e altri.
Da studi attualmente in corso risulta che l'abilità necessaria allo sviluppo di un siffatto calendario doveva implicare obbligatoriamente una notevole conoscenza sia astronomica, relativa ai moti del Sole e della Luna, sia matematica.

Va comunque ricordato che la fusione delle popolazioni sciitiche con quelle autoctone portò all'assorbimento da parte degli invasori della cultura preesistente la quale tra l'altro aveva prodotto i monumenti megalitici che abbondano in vari luoghi del nord Europa.
La conseguenza è che l'osservazione del cielo e la speculazione relativamente ai fenomeni celesti ricoprirono un ruolo fondamentale nella cultura celtica.
La carenza di reperti scritti, salvo ovviamente i due calendari citati, non ci permette di avere a disposizione delle registrazioni chiare e oggettive, ma sia le citazioni di vari autori latini e greci sia le evidenze indirette ci spingono ad affermare che l'Astronomia fosse praticata ad alto livello dai Druidi celti.
Tra i reperti che possono aiutarci a renderci conto di ciò esistono le monete, coniate in grande quantità e con grande frequenza dalle varie tribù galliche, su cui possono essere identificati dei simboli astronomici.
E vero che anche ai Greci e i Romani coniarono monete con raffigurazioni di oggetti astronomici, ma esse rappresentano solo casi limitati e poco numerosi, mentre il numero delle coniature di monete galliche con simbologia astronomica ritrovate durante i vari scavi è inusualmente molto elevato.
In questa sede saranno descritti solo alcuni esempi significativi al di là della famosa moneta d'oro fatta coniare da Vercingetorige intorno al 52 a.C., sul cui rovescio è rappresentata la falce della Luna sopra l'immagine di un cavallo, animale tipicamente rappresentato sulle monete galliche.

La numismatica celtica

La numismatica celtica è un campo in cui la datazione dei reperti è estremamente problematica.
Contrariamente a quanto avviene nel caso delle monete romane, in cui sia le iscrizioni che le effigi rappresentate sono di grande utilità dal punto di vista cronologico, nel caso delle monete celtiche risulta molto difficile ottenere una datazione abbastanza precisa di ciascun pezzo. Questa difficoltà è dovuta principalmente, ma non solo, alla completa mancanza di reperti scritti giunti fino ai nostri tempi, ma anche al fatto che le monete stesse, coniate in edizioni successive intervallate da brevi intervalli di tempo, anche quelle su cui sono incise delle iscrizioni, forniscono usualmente poche informazioni utili per risalire alla data di conio.
Per quanto ci e' dato di sapere esistono solamente due importanti riferimenti storici su cui basarsi ai fini cronologici e cioè la sconfitta di Bituitus (121 a.C) che segno' il termine dell'egemonia della tribù degli Arverni sulle altre tribù galliche e la Guerra di Gallia condotta e vinta da Giulio Cesare dal 58 al 51 a.C. che culminò nella sconfitta della coalizione delle tribù celtiche ad Alesia, la quale segnò la fine dell'indipendenza delle popolazioni celtiche della Gallia.
La prima data è ritenuta empiricamente come il limite temporale più remoto a cui far risalire la consuetudine di battere moneta, mentre nel caso della battaglia di Alesia i ritrovamenti archeologici sono numerosi ed estremamente interessanti.
Dal punto di vista delle rappresentazioni e delle iscrizioni sulle monete, la casistica è estremamente varia, predominano teste di re e magistrati sul dritto e cavalli e cavalieri sul verso, ma non mancano casi estremamente curiosi ed interessanti, soprattutto dal punto di vista astronomico. 
Infatti la rappresentazione di eventi astronomici sulle monete, salvo alcuni sporadici casi di monete romane, è abbastanza inusuale nel caso delle popolazioni antiche.

La Cometa di Halley e le monete dei Coriosoliti

Tra la grande quantita' di pezzi rinvenuti negli scavi archeologici sono 
ricordare le serie complete di monete Armoricane, cioe' coniate dalle
popolazioni celtiche stanziate in Armorica, regione geograficamente 
corrispondete all'odierna Bretagna, nella Francia settentrionale.
In particolare risultano di estremo interesse le monete coniate dalla
popolazione celtica dei Coriosoliti, raccolte e classificate da Colbert
de Beaulieu che pubblicò il suo lavoro nel 1973.
Le monete dei Coriosoliti possono essere generalmente suddivise in sei 
classi sulla base degli elementi stilistici presenti su di esse e tali
classi seguono una successione cronologica dovuta alla evoluzione, nel 
tempo, di essi.
Sul dritto delle sei monete e' incisa una testa umana variamente 
stilizzata, sul rovescio invece e' raffigurato un cavallo con un cinghiale 
tra le zampe, ma solamente su quattro di esse mentre sulle altre due 
monete appare la raffigurazione di una cometa vista sopra l'orizzonte.
Originariamente l'immagine era stata erroneamente interpretata come la 
raffigurazione di una lira, strumento musicale molto usato dai Bardi,
cioè i cantori, gallici, ma solo nel 1987 J. Muller propone la più 
corretta interpretazione astronomica.
L'ordine cronologico delle monete e' tale per cui il conio avvenuto 
durante il periodo di visibilità della cometa riporto' la sua 
rappresentazione, mentre quando la cometa non fu piu' visibile ritorno'
ad essere rappresentato il tradizionale simbolo, tipicamente celtico, 
del cinghiale.
Gli archeologi datano questa serie di monete tra il 100 e il 60 a.C.
di conseguenza la cometa rappresentata dovrebbe essere quella di Halley
osservata durante il passaggio dell'anno 87 a.C..
Recentemente Galliou nella sua "Histoire de la Bretagne e des Pays Celtiques" 
(1983) riporta che i Coriosoliti iniziarono a battere moneta dal 90 allo 80 a.C. circa, periodo che risulta in ottimo accordo con l'attribuzione dell'immagine riportata sulle monete alla Cometa di Halley. Una simulazione del moto orbitale mostra che durante il passaggio dello anno 87 a.C., la data del Perielio fu il 6.5 Agosto.
Il 27 luglio precedente la distanza della cometa dalla Terra doveva essere,
secondo i calcoli, di 0.44 Unita' Astronomiche con il risultato che essa doveva essere presumibilmente molto luminosa e ben visibile nel cielo.
Secondo gli annali cinesi, tradotti da Ho Peng Yoke, la cometa fu vista 
in Cina nel cielo in direzione Est dal 10 Agosto al 8 settembre dell'anno 87 a.C..
L'analisi orbitale indica pero' che in quel periodo la cometa doveva 
essere stata visibile in direzione ovest e infatti Kiang nel 1972 
suggerì un errore di trascrizione nel lavoro di Ho Peng Yoke, eseguito basandosi probabilmente su fonti cinesi secondarie e non sugli annali originali.La cometa dovrebbe essere stata osservabile ad est almeno un mese prima cioè in luglio. Da fonti babilonesi, decifrate da Stephenson nel 1985, la Halley sarebbe stata osservata, giorno dopo giorno, nel mese lunare che andava dal 14 Luglio al 11 Agosto dell'anno 87 a.C..
Le registrazioni cuneiformi babilonesi, incise su pietra, riportano 
anche l'esistenza di una coda visibile nel cielo estesa per circa 10 gradi, 20 volte circa il diametro della Luna piena.
Ma cosa avrà spinto a ritenere cosi' importante la presenza in cielo
di questa cometa da indurre coloro che governavano i Coriosoliti a 
disporne la rappresentazione sulle monete?
Per tentare di dare una risposta a questa domanda bisogna ricordare che 
nella struttura sociale celtica pur esistendo una classe sociale dominante, cioè quella della nobiltà guerriera la quale governava la tribù per mezzo del re, in realtà chi veramente aveva nelle mani il potere assoluto era la classe religiosa cioè quella dei Druidi alla cui autorità anche il re doveva sottomettersi.
Tra le quattro importanti feste religiose dei Celti una era quella dedicata al dio Lug la quale veniva celebrata nei primi giorni di Agosto. Questa divinità rappresentava il dio della luce ed era ritenuto la divinità più importante dell'olimpo celtico ed a lui erano attribuite assoluta sapienza e assoluta competenza in tutte le arti e i mestieri.
Il nome Lug significava "luminoso" ed il suo astro caratteristico era 
ovviamente il Sole. Usualmente i giorni della festa di Lug erano anche il periodo della grande assemblea di tutte le tribù Galliche.
E interessante il fatto che il periodo di massima visibilita' della
Halley nel 87 a.C. sia corrisposto proprio al cadere della festa
di Lug. Paradossalmente la Halley fu ben visibile in cielo per qualche tempo prima della festa di Lug e per qualche tempo dopo di essa, ma fu
invisibile, essendo in congiunzione eliaca, proprio nei giorni della
festa stessa.
Infatti, curiosamente, la data del perielio corrisponde molto bene
al giorno in cui la festa di Lug veniva celebrata, tenendo conto della 
struttura del calenario lunisolare celtico.
Cercando di ricostruire l'andamente del fenomeno visibile si osserva 
che che la Halley, di per se' gia' luminosa si ando' approssimando al 
Sole man mano la festa di Lug si avvicinava, spari' nei bagliori solari 
durante i giorni della festa e si allontanao' dal Sole a festa conclusa
e nei mesi successivi.
Questo fenomeno, straordinario agli occhi dei quelle popolazioni, fu 
probabilmente ritenuto di origine divina e deve aver sicuramente
colpito la fantasia dei Druidi tanto da disporne la rappresentazione
sulle monete.

Le monete di Channels Islands

Il caso delle monete dei Coriosoliti e' ben lontano dall'essere isolato, 
infatti, sempre rimanendo nel campo delle monete Celtiche Armoricane, 
abbiamo gli interessanti esempi rappresentati dalle monete delle Isole
del Canale.
Nell'insieme delle monete che compongono il "Ritrovamento di Jersey"
esistono quindici esempi differenti di monete in cui oltre ad essere
rappresentata una cometa si osserva anche un tentativo di rappresentare
la costellazione in cui fu visibile.

A titolo di esempio possiamo considerare lo Statere Armoricano in
Argento (classificato J15 da H. La Tour nel suo Atlas des Monnaies 
Gauloises) datato dal 100 a.C. al 60 a.C. in cui sul verso appare, sotto
l'immancabile figura del cavallo, l'immagine di una cometa situata in 
mezzo ad una coppia di stelle.
La consultazione degli annali cinesi suggerisce che si tratti della 
rappresentazione della cometa passata il 69 a.C. tra le stelle Alpha e 
Gamma Virginis (Spica e Heze), nel luglio di quell'anno.

Tale astro potrebbe anche non essere una cometa, ma una Nova in quanto 
secondo le registrazioni Cinesi essa rimase fissa durante tutto il 
periodo di visibilità posizionata vicino a Spica (Alpha Virginis).
Un altro caso molto interessante e' rappresentato da una piccola moneta 
sempre coniata dalle popolazioni delle Isole del Canale e risalente 
anche essa dal 100 a.C. al 60 a.C..
Su questa moneta e' possibile osservare la presenza delle immagini di
ben 3 comete e di un certo numero di altri simboli di tipo stellare.
Facendo nuovamente ricorso agli annali cinesi si rileva che nell'anno
69 a.C. non era passata solo una cometa, quella gia menzionata
precedentemente in occasione dello statere d'argento, ma altre due.
Infatti tre sono gli eventi registrati dagli annali cinesi per quell'anno.

Il primo evento e' indicato essere una cometa apparsa a ovest circa 30 
gradi dal pianeta Venere nel febbraio di quell'anno.
Il secondo evento riguarda la cometa passata il 69 a.C. tra le stelle
Alpha e Gamma Virginis (Spica e Heze) nel luglio di quell'anno e di cui
si e' gia' parlato precedentemente.
Il terzo evento sarebbe una cometa apparsa in Agosto a nord est della
costellazione della Corona Boreale e con moto in direzione sud.
Il 27 Agosto del 69 a.C. essa attraverso' la parte meridionale della 
costellazione di Ercole presentando una coda bianca puntata in direzione 
Sud-Est.

Le monete d’argento degli Edui

Un'altra popolazione celtica, ampiamente nominata da Giulio Cesare nel 
suo "De Bello Gallico" e' quella degli Edui.
Il druido Diviziaco, un eduo, ebbe contatti per lungo tempo con Cesare 
soprattutto dal punto di vista culturale finchè non venne da lui fatto
uccidere quando le questioni politiche presero il sopravvento.
Anche sulle monete coniate dagli Edui e' possibile riscontrare dei 
riferimenti di tipo astronomico.

Esiste una moneta d'argento di questa popolazione coniata presumibilmente
intorno al 100-60 a.C., quindi precedentemente alla invasione romana, su cui e' possibile osservare la presenza della immagine di una stella sul rovescio sotto l'immagine del cavallo.
L'interpretazione in questo caso e' decisamente più complicata in 
quanto l'oggetto rappresentato e' di tipo stellare senza coda.
Infatti in questo caso l'oggetto potrebbe essere stato una nova o
una supernova invece che una cometa.

Analizzeremo, con ordine entrambe le ipotesi.
Se si assume a priori che l'astro rappresentato fosse stato una cometa 
visibile a quel tempo come un oggetto nebuloso senza coda allora la
solita consultazione degli annali cinesi suggerisce che si tratti della 
rappresentazione della cometa passata nel 61 a.C..
Essa fu visibile in cielo in direzione Est nell'agosto di quell'anno ed 
anche in questo caso il periodo di visibilità corrisponderebbe grosso 
modo al tempo della festa celtica di Lug.
La mancanza di coda potrebbe anche essere dovuta all'influenza romana
già presenti a quei tempi nella Gallia Narbonense, grosso modo l'attuale
Provenza, in Francia, e quindi alla abitudine dei coniatori di monete 
romani di rappresentare le comete come stelle raggiate, ma senza coda.
In questo modo e, ad esempio, la rappresentazione della cometa del 44 
a.C. sul Denarius di Ottaviano Augusto, che doveva simboleggiare, secondo 
la tradizione di allora, l'anima di Giulio Cesare che, da poco assassinato, 
stava ascendendo in cielo.

La moneta in esame riporta sul dritto la scritta ORCHTIRIX comune sulle
monete coniate dagli Edui in quel periodo. Quel nome, che viene tradotto 
dal Celtico in Orgetorix, potrebbe essere messo in relazione con un 
personaggio omonimo (o magari lo stesso) a quello ampiamente citato da 
Giulio Cesare nel "De Bello Gallico": "Orgetorige era molto superiore, per nobiltà e ricchezza a tutti gli altri principi..."
(G.Cesare - De Bello Gallico, 1, 2).

Se ciò fosse confermato porterebbe a confermare il 61 a.C. per la datazione 
della cometa rappresentata.
Da una accurata analisi dell'immagine della cometa impressa sul Denarius
di Augusto e' pero' possibile notare che uno 
dei raggi possiede chiaramente dei particolari che indicherebbero la 
presenza di coda.
Questo fatto potrebbe far invece pensare alla seconda ipotesi cioè 
che sulla moneta degli Edui sia rappresentata una stella e non una cometa.

La rappresentazione stellare, diversa da quella usuale presente sulle
altre monete Celtiche, giocherebbe a favore della ipotesi 
di rappresentazione di una stella legata in particolare alla apparizione 
di una Nova o una Supernova.
L'assenza della linea dell'orizzonte presente invece su altre monete 
rappresentanti comete, quali quelle dei Coriosoliti, potrebbe suggerire 
che l'astro rappresentato era visibile alto nel cielo e non vicino allo
orizzonte.

L'identificazione dell'oggetto in questo caso diventa pero' molto piu' 
difficile.

Lo Statere d’oro di Tincommius

La rappresentazione di oggetti stellari include un altro caso molto 
interessante dal punto di vista archeoastronomico.
Si tratta, in questo caso, dello Statere d'oro di Tincommius coniato 
in Bretagna e databile circa dal 20 a.C. al 5 d.C. 
Su questa moneta e' possibile osservare la presenza della immagine di
una stella sul verso sopra l'immagine del cavaliere, mentre sul dritto
e' presente la scritta TINC che si riferisce al nome del personaggio 
dominante all'epoca del conio.
Anche in questo caso la questione della attribuzione dell'oggetto 
rappresentato ad una stella o ad una cometa non e' di facile soluzione.
Se si accettasse la rappresentazione cometaria allora si osserva che le 
registrazioni antiche non riportano notizie di comete escluso il passaggio della cometa di Halley nel mese di Agosto del 12 a.C..
L'analisi orbitale indica la data del perielio: 10.8 Ottobre dell'anno
10 a.C.
Sempre secondo la simulazione del moto orbitale la Halley ebbe una 
distanza di 0.16 Unita' Astronomiche dalla Terra il 10 Settembre del 
12 a.C.
La prima osservazione registrata negli annali cinesi e' del 26 Agosto
e indica che la cometa era visibile nella costellazione del Cane Minore.
L'ultima osservazione registrata dai cinesi indica la Halley posizionata 
nella costellazione dello Scorpione circa 56 giorni dopo.
Questo passaggio della Halley fu osservato anche a Roma e fu fatto
corrispondere alla morte del generale romano Agrippa.
Prendendo invece in esame la posibilita' che l'oggetto rappresentato
fosse una Nova o una Supernova allora consultando nuovamente gli annali
cinesi, si ottengono alcune notizie che permetterebbero di formulare
alcune interessantissime ipotesi.
Gli annali registrano una possibile stella "Nova" esplosa nel nei mesi 
di Marzo o Aprile dell'anno 5 avanti Cristo e rimasta visibile ad occhio
nudo per circa 70 giorni.
Le coordinate galattiche approssimate per questo oggetto calcolate sulla
base dei dati desunti dalle registrazioni antiche sono l=+30 gradi e b=-25 gradi corrispondenti ad un punto nella costellazione del Capricorno.
Gli annali cinesi riportano pero', per quegli anni, anche l'apparizione 
di un'altra stella, probabilmente una Nova visto che nessun dato viene 
riportato relativamente al suo moto tra le stelle contrariamente a quanto di solito si osserva scritto in quelle registrazioni.
Tale stella dovrebbe essere apparsa nel 10 a.C. vicino ad Arcturus nella
costellazione di Bootes. E' molto probabile, considerato il modo in cui l'oggetto e' rappresentato sulla moneta, cioè alto nel cielo rispetto all'immagine del cavaliere, che si tratti di una di queste due Novae e non la Cometa di Halley.

Un altro caso molto simile e' quello della moneta di bronzo di Tasciovanus databile dal 20 a.C. al 10 d.C., periodo in cui egli regnò, in cui, nonostante il cattivo stato di conservazione, si può notare nuovamente la rappresentazione di un oggetto di aspetto stellare posto in alto sopra l'immagine del cavallo, sul rovescio della moneta.
Probabilmente, vista la similitudine con il caso precedente e la datazione molto simile, l'oggetto rappresentato è di nuovo la stella rappresentata anche sullo Statere di Tincommius.

Congiunzioni Planetarie

La casistica non si esaurisce qui, e' disponibile nelle raccolte numismatiche una quantità molto elevata di monete celtiche sulle quali sono raffigurati oggetti astronomici.
Ad esempio su una moneta d'argento del tipo detto di Buschelquinar risalente al I secolo a.C. e' incisa una configurazione di quattro oggetti immersi in un alone raggiato a forma di spirale.
Tale configurazione potrebbe rappresentare una congiunzione planetaria, 
di più pianeti, molto luminosa verificatasi, secondo le simulazioni al 
computer, nel Giugno dell'anno 26 a.C. nella costellazione del Leone 
vicino a Regolo. 
I pianeti interessati furono Venere, Giove e Saturno e poco distante fu
presente anche Marte, inoltre nei primi giorni di Giugno anche la Luna 
transito' in vicinanza dei pianeti in congiunzione.
L'eccezionalita' dell'evento avrebbe spinto alla rappresentazione sulla moneta.
Un altro caso interessante riguarda una moneta d'argento di tipo detto
"a la Croix" coniata nel I secolo a.C. da popolazioni del sud della
Gallia e ritrovata negli scavi dell'Oppidum di Manching in Baviera.
Il rovescio della moneta è diviso in quattro quadranti.
Su quello di destra è rappresentata probabilmente la falce della Luna.
Sul quadrante in basso è rappresentata la falce della Luna con vicino
una stella che potrebbe essere una Nova o Supernova.
E' anche possibile che si tratti di un pianeta e forse di una cometa
visibile ad occhio nudo con aspetto diffuso, ma senza coda visualmente
osservabile.
Un altro caso interessante e' quello relativo ad una moneta in argento
coniata presumibilmente nel I secolo a.C. da popolazioni del Norico.
Il rovescio della moneta presenta una configurazione formata da quattro
stelle disposte a quinconce.
La stella centrale e' dotata di quattro raggi e sembra essere la piu'
luminosa delle quattro, mentre le altre tre stelle sono dotate di un 
solo raggio in direzione radiale rispetto a quella centrale.
Sono anche rappresentati dei raggi tra una stella e l'altra che convergono in corrispondenza della stella centrale.
L'immagine potrebbe essere la rappresentazione di una Nova o una Supernova tra le stelle oppure anche in questo caso una congiunzione planetaria.
Un'altra rappresentazione di una cometa si ritrova sul rovescio di una 
moneta d'argento, imitazione di un Denario romano, risalente al I secolo 
e un'altra ancora su una moneta d'oro del tipo Regenbogenschlusselchen rinvenuta a Irshing (Baviera).Questo reperto risale alla seconda meta del II a.C., prima meta' del I Secolo a.C. e sul rovescio di essa potrebbero essere rappresentate due comete.
Sono frequenti anche probabili rappresentazioni di costellazioni come 
accade per esempio sul rovescio di una moneta in elettro coniata nel
II-I Secolo a.C. dalla tribù degli Osimi o su una moneta in lega d'oro 
basso coniata dalla tribù dei Biturigi della Gallia Centrale nel I secolo a.C.
Tutti questi reperti fanno parte solamente della numismatica celtica, ma 
ad un esame più approfondito dei ritrovamenti archeologici appare 
stupefacente la quantità di riferimenti astronomici rappresentati su di
essi.
Appare sempre piu' chiaro che l'Astronomia ricopri' per le popolazioni celtiche un ruolo fondamentale.
Va ricordato anche che certamente siamo davanti alla fusione di una
cultura astronomica formata in oriente e portata dagli Sciti durante le
loro tre ondate di invasione dell'Europa con una cultura astronomica 
autoctona e preesistente che ebbe la sua massima espressione nella 
costruzione e nel corrente uso dei monumenti megalitici.
La prima con caratteristiche osservative "a tutto cielo" vicine alla
Astronomia cinese o coreana e con talune inclinazioni al calcolo 
riscontrabili nell'Astronomia indù e babilonese.
La seconda tipicamente orizzontale, meno speculativa, ma più orientata 
alla misura soprattutto della posizione del Sole e della Luna nel tempo.
Questa fusione potrebbe essere una spiegazione della grande tradizione
astronomica celtica che solamente negli ultimi tempi sta venendo alla
luce.
MarcoIL CIELO SULLE MONETE CELTICHE