Il Tallero di Maria Teresa e il riconio italiano

Maria Teresa d’Absburgo nacque a Vienna il 13 maggio 1717, secondogenita dell’Imperatore Carlo VI e di Elisabetta di Brunswick-Wolfenbüttel. Diverrà Maria Teresa imperatrice dei Romani, regina apostolica d’Ungheria e Boemia, Imperatrice d’Austria, granduchessa di Toscana, signora del Milanese e del Mantovano.

Il Tallero era da oltre due secoli la moneta di maggior modulo e peso, con un valore stimabile ad una settimana di lavoro di un operario, emessa negli stati tedeschi e in tutto il Sacro Romano Impero, anche tutti gli imperatori asburgici precedenti la avevano emessa col proprio ritratto, a partire da Massimiliano I, e Maria Teresa seguì la tradizione degli antenati. I primi talleri con la sua effige uscirono già nel 1741 dalla zecca di Vienna e in seguito da quella di Hall, misuravano circa 42,5 mm di diametro e pesavano tra i 28 e i 29 grammi al titolo di 875 fuso con del rame. Sino al 1753 le tipologie prodotte furono sette, cinque dei quali riprodotti qui sotto.

Riforma monetaria “Austrian gulden” valida dal 1754 al 1857

Nel 1753 avvenne una riforma monetaria la quale prevedeva in Austria il gulden o ducato d’oro come valuta legale e come moneta principale, suddivisa in tre parti da 20 kreuzer, sempre d’argento, i quali erano le monete più diffuse. Il taglio più piccolo in rame era denominato Heller e i rapporti erano “8 Heller = 1 Kreuzer • 60 Kreuzer = 1 Gulden”.

Se i talleri con l’effige di Maria Teresa erano coniati dal 1741 e un editto del 1748 aveva già stabilito peso e intrinseco delle monete coniate, fu una convenzione siglata nel 1753 tra Maria Teresa e il Duca di Baviera che li definì definitivamente per il tallero, autorizzandolo alla circolazione nei vicini stati e segnando la data di conversione del Tallero in monete per il commercio estero. La coniazione dei Talleri continuò, anche in altre zecche dell’Impero e con nuove tipologie.

Verso il 1760 il ministro dell’economia e i consulenti finanziari dell’Imperatrice idearono una strategia per usare i Talleri al fine di commerciare con l’Oriente e di pagare così le merci esotiche (dal the alle spezie alle porcellane…). Le bilance commerciali europee, Inghilterra compresa, erano solitamente molto sbilanciate verso Cina, India e Impero ottomano (intermediario di molti scambi) e la merce principale accettata in questi mercati era l’argento, ancora più dell’oro.

Si volle così creare una moneta di buon valore, coniata per l’esportazione, la quale potesse essere ben accettata in Oriente ma trattata come una merce e scambiata quindi a un prezzo superiore al suo valore intrinseco; ciò può sembrare stano ma il valore dei metalli non era uguale in tutte le nazioni e comprare argento in Spagna e rivenderlo a Costantinopoli generava un profitto di tutto rispetto. Oltre a ciò, le esperienze passate avevano insegnato che i Turchi potevano apprezzare molto una moneta per la sua bellezza e pagarla volentieri un prezzo superiore al metallo fino, come se fosse un gioiello… come potevano rifiutarne una per i motivi più disparati, magari religiosi. Il Tallero per l’Ungheria, con la Madonna sul retro era un esempio.

Gli economisti dell’epoca la definirono “moneta-merce”.

In pratica la moneta continuò a essere coniata sino al 1780, l’anno della morte di Maria Teresa, ma l’ultima versione emessa dalla zecca di Gunzburg, con ritratto velato e lo stemma sul corpo dell’aquila, divenne il prototipo del tallero destinato ad invadere il mondo orientale.

Furono necessari degli accordi internazionali, soprattutto con l’Impero ottomano, al fine di permettere la circolazione di queste monete all’estero, in particolare dopo la morte dell’imperatrice.

Maria Teresa fu assai preveggente nel capire l’utilità economica che poteva portare Trieste, città dove peraltro non mise mai piede, per il suo Impero, con la costruzione di un porto di grandi dimensioni, che avrebbe aperto importanti commerci in tutto l’Oriente. E difatti Trieste fu il punto di partenza dei Talleri verso l’Oriente, dove ottennero da subito un enorme successo ed erano sempre più richiesti col passare degli anni.

La versione battuta a Gunzburg e soprannominato in Africa “il Tallero della grassa Signora” per le forme prosperose dell’imperatrice, può vantare due record: quello di moneta più contromarcata al mondo (oltre 30 contromarche) e di moneta più popolare con i suoi quasi 400 milioni di pezzi battuti, pari a oltre 9000 tonnellate d’argento, e spesi come moneta locale in un terzo del nostro pianeta.

“Nel 1811, con contromarche, si resero validi i Talleri nelle isole Azzorre e a Sao Tomè e Principe, nel golfo di Guinea; nel 1854 a Madera,
nel 1888 a Macao e in Mozambico, nel 1889 in alcuni Emirati del Protettorato inglese di Aden; nel 1895 a Lourenco Marques (Mozambico).”

“Nel XIX secolo la parola PEMBA con una scimitarra contrassegnò i Talleri per Zanzibar e la parola JAVA per quelli delle Indie Olandesi.
Altre contromarche del XX secolo riguardano il Neged (1906), l’Hegiaz (1916) e lo Yemen (1946).”

L’Italia ha provato più volte a sostituire Maria Teresa nelle colonie sul Corno d’Africa, dove il Tallero circolava assieme alla valuta locale. Primo esperimento nel 1891, quando Umberto I coniò le monete per l’Eritrea nelle versioni da 50 centesimi, 1 Lira, 2 Lire e le  5 Lire denominate Tallero; la moneta ebbe scarso successo e ne furono coniati  solo 196mila pezzi con data 1891 e 200mila con data 1896. Ora è considerata una R2, vale in BB oltre 400 euro sino ad arrivare a migliaia per le conservazioni ottime.

Nel 1918 fu la volta del Tallero per l’Eritrea, moneta con un bellissimo ritratto femminile e la dicitura REGNUM ITALICUM ma nemmeno questa incontrò tra gli indigeni la preferenza accordata agli originali.

Nel luglio 1935 il Governo italiano comprò dalla Zecca di Vienna i conii originali del Tallero, per un diritto di uso di 25 anni, e ne riprese la coniazione. Quasi 20 milioni di pezzi coniati che servirono al Duce per pagare le spese per l’invasione dell’Etiopia.

Stavolta niente tentativi di soppiantarlo, niente copie ma un vero ritorno all’originale, situazione accaduta raramente nella storia.

Le differenze tra i Talleri coniati a Roma e quelli coniati a Vienna sono leggerissime: titolo inferiore di 002‰, diametro 40 mm invece di misure da 40,80 a 42,50 e la leggenda sul contorno maggiormente corposa ed in rilievo; inoltre molti Talleri italiani presentano un bordo sfuggente senza orlo.

Questa può essere una delusione per un collezionista chi ne trova una e crede di avere una bella e rara moneta imperiale del Settecento e si ritrova invece con una moneta comune, moderna e “de Roma”.

I motivi spiegati sopra esposti per permetterne la diffusione all’estero spiegano come mai nei cataloghi, tipo il Gigante, la moneta è denominata “Tallero di convenzione”: non era valida entro i confini dell’Impero Asburgico ma era legale all’estero grazie a delle convenzioni internazionali!

I cataloghi anglosassoni, quali il World Coins, la riportano tra le “Trade coinage” ovvero coniazioni per il commercio (inteso come commercio estero di una nazione).

Furono prodotti anche i mezzi Talleri da 14 grammi circa, in svariate tipologie, ma sempre in tirature basse e quindi ora sono di difficile reperibilità sul mercato.

Approfondimento: La storia del Tallero di Maria Teresa d’Asburgo

Foto delle contromarche p.g.c di Roth37

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